IL CASO AMICIZIA

Dal 1956 l’Italia potrebbe aver ospitato degli extraterrestri. Ma partiamo dal principio.

Una sera, Bruno Sammaciccia e due suoi amici, Giancarlo e Giulio, si recarono alla Rocca Pia, un castello vicino ad Ascoli Piceno. Lì i tre amici fecero uno strano incontro. Due persone, una molto alta e una molto bassa, si avvicinarono a loro e, con molta gentilezza, dissero di non essere terrestri. Quello fu l’inizio del rapporto di amicizia tra alcuni terrestri, guidati da Bruno Sammaciccia, e gli Akrj. Negli anni seguenti, questi alieni vennero conosciuti con il nome di W56.

A sinistra, Bruno Sammaciccia.

Quello che si venne a creare tra questi extraterrestri e gli appartenenti del gruppo di Sammaciccia (che arrivò a contare più di 200 persone in tutta Italia) fu una vera e propria fratellanza. Da qui il nome “caso Amicizia”.

Questi alieni, come sempre, misero in guardia l’umanità, con lo scopo di evitare gravi problemi ecologici in futuro. Il loro “nutrimento” era costituito dall’amore, dall’amicizia e da tutti i buoni sentimenti che tenevano coeso il gruppo.

L’ormai scomparso Stefano Breccia nel 2007 pubblicò un libro dal titolo “Contattismi di massa”, in cui troviamo riportata proprio l’esperienza di Bruno Sammaciccia. In esso, ad un certo punto troviamo scritto:
“La penna prese a scrivere da sola, mentre io mi limitavo a reggerla fra le dita. Scriveva in perfetto italiano (…):

“Adesso vi spiegherò chi sono, da dove vengo e cosa voglio chiedervi; Sono qui per portarvi il dono della bontà e della conoscenza.”

Sammaciccia in quel momento si trovava a Pescara assieme ai suoi amici. Era lui a reggere la penna. Il fatto appena riportato risale agli inizi della loro avventura. Era l’aprile del 1956. Da lì in poi, i contatti divennero più intensi e frequenti.

In certi casi, se i terrestri avevano intenzione di contattare questi esseri, si mettevano a cerchio tenendosi per mano, proprio come durante le sedute spiritiche. Inoltre, in alcuni momenti, in concomitanza con questi contatti, l’ambiente si riempiva di “un profumo, forte ma piacevole.” Ciò ricorda l’odore di fiori che spesso sentono coloro i quali assistono alle manifestazioni spiritiche da parte di alcuni individui ritenuti santi.

Visto che le facoltà paranormali degli umani sono ormai atrofizzate, i W56 inserirono nel cervello di Bruno Sammaciccia un piccolo nucleo elettronico detto “ania” con lo scopo di attivare la capacità di comunicare telepaticamente. Nel suo caso, probabilmente, di rafforzarla.

I W56, il cui vero nome era “Akrij” (“I saggi”, in sanscrito) avevano dei nemici, chiamati Contrari, o anche Weiros. Se i primi erano mossi da buoni sentimenti, questi invece agivano contro l’umanità.

Una delle foto scattate dai numerosi testimoni del Caso Amicizia.

Con il passare degli anni, entrarono nel gruppo di Sammaciccia anche scettici e persone intenzionate a sfruttare la vicenda a proprio vantaggio. Oltretutto, come sempre accade in questi casi, Sammaciccia e gli altri iniziarono a sentirsi spiati, osservati, forse da gente del governo intenzionata a scoprire che cosa essi conoscessero. La pressione sul gruppo si allentò quando la gente iniziò a credere che vi fossero degli imbrogli e che la vicenda fosse tutta una montatura. Queste voci vennero diffuse ad arte, forse proprio dagli Uomini in Nero del governo. Per certe persone però, era tutto vero. Per i testimoni, che videro da vicino gli extraterrestri e le loro basi sotterranee, e per chi assistette ai loro prodigi.

I W56 credevano nell’amicizia, che era l’ingrediente fondamentale del benessere del gruppo. Loro definivano “Uredda” l’armonia generale. Ma per gli alieni, non si trattava solo di un concetto, bensì di un’entità vera e propria, che agisce sulle persone, sulle cose, su tutto. Sfortunatamente però la Redda, ovvero l’opposto, il concetto negativo, un’entità distruttrice, prese il sopravvento e nel 1978, guarda caso anno di numerosi avvistamenti ufologici specialmente sopra l’Adriatico, i W56 abbandonarono le loro basi e partirono diretti chissà dove. Gli ultimi W56 rimasti, da quel che si sa, se ne andarono anch’essi alcuni anni più tardi.

Articolo pubblicato su La Nazione del 27 novembre 1978. Questo è solo uno dei numerosi articoli di giornale che in quel periodo trattarono il tema “UFO”.

Ancora oggi, riguardo a questa vicenda rimangono molti interrogativi. Da allora sono trascorsi molti anni, e ormai sono rimasti pochi testimoni diretti, tra cui Gaspare de Lama, che visse in prima persona quei fatti, assieme a sua moglie e a sua madre. Nel 2018, all’età di 97 anni, egli scrisse una lettera aperta nella quale ribadì:

“Io credo fermamente che ognuno abbia il diritto sacrosanto di pensare e dire ciò che vuole. Credo altresì di avere anch’io il diritto (anzi, in questo caso un po’ di dovere) di dire la mia, di confermare cioè che l’esperienza del “Caso Amicizia W 56″ è stata una esperienza VERA, totalmente REALE e FISICA”.

Chi volesse approfondire l’argomento, può vedere questo interessante documentario sui W56, prodotto da STUDIO3 TV.

Giorgio Pastore

Fonte: Stefano Breccia, Contattismi di Massa, Nexus edizioni, 2007

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