Molti secoli fa, nella notte tra il 30 aprile e il Primo Maggio si festeggiava Valpurga, per celebrare il passaggio dalla stagione fredda a quella mite, dall’oscurità alla luce. I Celti infatti conoscevano solo due stagioni, non quattro come sono ora. I giorni di passaggio da quella fredda a quella calda e viceversa erano molto importanti. Il periodo di festa poteva anche essere esteso a più giorni. Valpurga, che poi sarebbe divenuta Beltane (in onore del dio Bel, che personificava la luce, il Sole) poteva festeggiarsi dal 28 aprile fino al 3 maggio. In occasione di questa festa, si beveva, si ballava e gli sposi novelli giravano attorno al “palo sacro” tenendo per mano delle strisce bianche e rosse che salivano su fino in cima. Girando, queste si intrecciavano andando a simboleggiare la loro unione. Non a caso, Beltane era anche (e soprattutto) una festa legata alla fertilità, alla rinascita. Era usanza gettare semi sul terreno e fare l’amore. Presso gli antichi Romani, almeno dal 238 a.C. si festeggiava la dea Flora, legata anch’ella alla natura e alla primavera. La festività a lei dedicata si chiamava Floralia e cadeva proprio in questo stesso periodo. Con l’arrivo del Cristianesimo, questi culti pagani vennero assimilati alla Pasqua e a Calendimaggio, ma una cosa è certa: così come Shamain (che cade nella notte tra il 31 ottobre e il primo giorno di novembre), anche Beltane rappresenta un momento magico, in cui le barriere tra i due mondi, il nostro e quello degli spiriti, si assottigliano. Dopotutto, ben poco è cambiato. Ancora oggi, “rinasciamo” con l’arrivo della primavera e delle giornate di Sole, perché quest’ultimo è vita. Cambiano i nomi, ma la sostanza è sempre quella.
Giorgio Pastore